C’era una volta Trapani
Nei giorni 15 e 16 agosto a Trapani non si lavorava. Il 15 agosto andai a vedere la corsa dei cavalli in via G.B.Fardella, allora priva del marciapiede centrale, chiusa coi recinti in legno da lato a lato, con le traverse sud transennate. Fino a qualche anno prima, le corse dei cavalli si svolgevano in via Ammiraglio Staiti, con partenza dalla zona Porta Galli e arrivo nel finale ovest di viale Regina Margherita. Nel 1927, invece, le corse iniziavano di fronte il Dazio di allora, all’inizio est della parte sud di via G.B.Fardella (oggi Piazza Martiri d’Ungheria) e concludevano nel finale della stessa via all’inizio di Piazza Vittorio Emanuele II. Allora la festa di ferragosto era molto sentita dal popolo trapanese, era una festa di cultura popolare e religiosa: il 6 e 7 agosto si festeggiava sant’Alberto, il patrono, e il 16 la Madonna di Trapani con processioni e fuochi d’artificio allo scoglio del Ronciglio. Le prime corse iniziavano con i soli cavalli, senza fantini. Il primo arrivato a Piazza Vittorio Emanuele vinceva il Palio. Nella piazza ad accogliere i cavalli c’erano i carrettieri, che essendo esperti nel padroneggiarli, fermavano gli animali, che continuavano a correre anche dopo aver tagliato il traguardo. I carrettieri si mettevano ai lati dei cavalli in arrivo, gesticolando e tenendo in mano lunghe palme, battendole per terra ed alzandole in aria, riuscivano a fermare gli equini in corsa. Poi ognuno di loro ne prendeva uno, afferrando il corto guinzaglio agganciato alla struttura del testale in cuoio. Nelle corse che seguivano, i cavalli venivano cavalcati dai fantini. Io mi appartavo proprio al traguardo ed era bellissimo vedere i cavalli, una decina, con i fantini in groppa che portavano stivaletti, pantaloni alla zuava, bellissime camicie in vari colori e il berrettino con la visiera, nel correre a galoppo lottavano tra loro per conquistare il primo posto. Con la mano sinistra tenevano le redini del testale del cavallo e con l’altra frustavano la parte posteriore dell’animale. Noi bambini, ragazzi, giovani ed uomini tifavamo per il fantino trapanese che, allora, si chiamava Settimo di cognome, di professione carrettiere, era il più bravo rispetto agli altri fantini provenienti da tutta la provincia e quasi sempre vinceva. Era veramente emozionante vedere dal vivo tutti quei bellissimi cavalli coi loro fantini con gli indumenti colorati e i berretti con le visiere che esaltavano l’uomo e il cavallo nel loro galoppare. Lo sforzo esprimeva tutta la potenza fisica dell’animale, la sua intelligenza e nobiltà nell’essere spronato, guidato dall’uomo. Era una tradizione che veniva rinnovata ogni anno. Tratto da “C’era una volta Trapani” di Mario Cassisa.