TRAPANI, S.ALBERTO E MARIA

TRAPANI, S.ALBERTO E MARIA

TRAPANI, S.ALBERTO E MARIA

Due Patroni per una città

 

 

Agosto, nella città di Trapani, è il mese dedicato ai Santi patroni: Sant’Alberto e la Madonna di Trapani. Il 6 il simulacro di Sant’Alberto, ricoperto d’argento (secolo XVII), dal Santuario si trasferisce nel centro storico dove sosta tre giorni: il 7 si svolge la solenne processione per le vie cittadine, accompagnata dall’invocazione dei portatori e dei fedeli: Via Maria e Santo Liberto, un inneggiare ai due patroni, ripetuto a gran voce soprattutto dai devoti pescatori. La statua viene trasportata su di un carro processionale che dal 1838, sostituisce la carrozza del Senato che per l'occasione veniva trainata da sei mule e accompagnata dai mazzieri del Senato, il priore e tre carmelitani.

Il simulacro è anche un reliquiario in quanto contiene il teschio del Santo. Realizzato in legno nel secolo XVII, venne rivestito d'argento tra il 1753 ed il 1761 dai trapanesi Vincenzo Bonaiuto e Michele Tombarello, attivi nella seconda metà del secolo XVIII, mentre era console della maestranza degli argentieri Giuseppe Piazza che ricoprì tale carica negli anni 1753, 1757 e 1761, come attestano i marchi impressi sull’argento VB, MT e GPC, assieme alla “bulla” della città di Trapani, DUI (Drepanum Urbs Invictissima). I due maestri si rivelarono abili nel lavorare la lamina d'argento e padroni nell’adoperare la tecnica dello sbalzo e del cesello per far rilevare le foglie e i grandi fiori che ornano il vestito: anemoni, margherite, tulipani, tipici decori barocchi, utilizzati dalle maestranze trapanesi. 

L'altra statua detta di Sant'Alberto alla Marinella, ora sull’altare maggiore della chiesa di Sant'Alberto a Rione Palma, un tempo si trovava nella chiesa di Santa Maria della Grazia (non più esistente), ubicata nel quartiere più antico di Trapani, corrispondente all’odierno rione San Pietro, l'antica rua del Rodo, poi strada “delli Biscottari”.

 In essa aveva sede la Congregazione della Grazia, costituita dai pescatori della cosiddetta Marina Piccola o Marinella, ossia della categoria dei pescatori del Casalicchio, antico nome del quartiere. 

Si racconta che durante la peste del 1624 il Santo sia apparso a due pescatori che percorrevano la via corrispondente all’odierna via Biscottai, per informarli dell’imminente fine della peste: a ricordo dell’avvenimento i pescatori posero una lapide nel luogo dell’apparizione al n. 59 e, in occasione della festività del Santo (7 agosto), istituirono una processione con un suo simulacro che, uscendo dalla chiesa di Santa Maria della Grazia, percorreva il quartiere e, al termine, sostava nel luogo dell’apparizione dove rimaneva esposto per tutta la notte alla venerazione dei fedeli.

Contemporaneamente nei caratteristici cortili del quartiere venivano allestiti degli altarini in onore del Santo. 

Gli storici locali tramandano che la statua lignea fu realizzata da Domenico Nolfo, vissuto dal 1730 al 1803, il quale la scolpì nella seconda metà del secolo XVIII.

 Il rivestimento argenteo fu invece eseguito da un argentiere dalle iniziali GC, come indicato nel marchio impresso sull’argento, assieme alla “bulla” di Trapani, DUI, e alla sigla del console CCC, Carlo Caraffa, che garantì la bontà della lega e che ricoprì più volte la carica tra il 1749 ed il 1777.

Le iniziali GC possono riferirsi a più argentieri attivi nella seconda metà del secolo XVIII: Giacomo, Giuseppe o Giovanni Caltagirone, Giuseppe Croce, Giacomo o Giuseppe Costadura. 

Secondo le notizie riportate in un manoscritto di Giuseppe Maria Fogalli che scrive nel 1840, e quindi vive in un periodo non troppo lontano dalla realizzazione dell’oggetto, fu Giacomo Costadura che, “vestì d’argento la statua colossale di Sant’Alberto Abbate, trapanese carmelitano, appartenente al ceto dei Pescatori, che si conserva nella chiesa della Madonna della Grazia.

Fu poi nel 1813 il fratello Giuseppe a restaurare l’opera mancante di argento in alcune parti.

La statua della Marina piccola si differenzia da quella conservata nel santuario dell’Annunziata per la posa dinamica, il panneggio mosso e articolato, per la presenza del libro appoggiato al fianco destro e trattenuto dalla mano, e per l’espressione estatica del viso ligneo con lo sguardo rivolto al cielo. 

L’abito differisce inoltre per la ricchezza di pieghe nel panneggio che compensa l’assenza dei decori floreali. 

Da rilevare inoltre che il viso, le mani ed i piedi non sono rivestiti d’argento come in quello del santuario.

 

Lina Novara