Sprazzi di una passeggiata di Pino D`Angelo
Erice navigava nella nebbia. Non c’era. Risalendo la strada a serpentina che s’inerpica lungo i pendii della grande montagna solitaria ne avevo constatato l’aureo bagliore sospeso. Poi era scomparsa nel buio, come inghiottita nell’assenza di luce, precipitata nelle gole interminabili della sua stessa memoria. D’improvviso era riapparsa dopo la curva grande, irta di merli e pareti, di catene murarie, di torrioni e archivolti, in barlumi di notte vaporizzata, stratificata in calcari giurassici la cui rastremazione, così come la storia, conobbe la culla dei secoli. …mi aggirai in quella nebbia radiosa fiocamente travestita dall’orfico bagliore dei fanali e il rintocco dei miei passi sospesi rimbalzò lungo strade tortuose e avvolgenti, raggrumate in grovigli di silenzio e memoria, mentre dagli ultimi ponti dell’aria fantasmagorie di campanili torreggianti sembravano venirmi incontro. …L’alba mi colse con le sue gelide dita diafane sulla panchina di un verdeggiante giardino inanellato di merli e torrioni con il sole disperso tra nubi lontane e il confondersi inverosimile di infiniti panorami. …Erice è una vetta che svetta oltre l’immaginario. Si perde nella luce del pensiero. Antesignana di storia e di gloria, avamposto dell’utopistico sogno di eroi leggendari ove la mitopoiesi delle arcane radici prende corpo e si dirama dai tempi più remoti ad oggi. ...il sito cittadino sorge sulla grande piattaforma triangolare ai vertici della montagna. Erice è l’unica città siciliana abitata ininterrottamente sin dalla preistoria. In essa il mito si fonde alla storia, l’architettura del centro abitato si amalgama alla natura del territorio, dipanandosi tra le tipiche stradine acciottolate in camminamenti spesso stretti e sinuosi ma munifici di sorprese improvvise con squarci di aperture imprevedibili. Fu così che la possente mole del Duomo mi apparve come quasi a materializzarsi di colpo con la sua massiccia eleganza. …La chiesa è mirabilmente accostata dallo slancio ascensionale della vicina torre campanaria ermetica e bruna, a sua volta impreziosita nel suo arcigno svettare dalla presenza di bifore austere il cui gusto gotico-chiaramontano dei tratti conferma il periodo della sua edificazione. ...Dall’alto del campanile poi, fu possibile godere di uno dei più entusiasmanti panorami del Mediterraneo. … Superba testimonianza archeologica di remotissima origine risalente ad oltre mille anni prima di Cristo, le mura elimo-puniche, altrimenti dette ciclopiche per la maestosa imponenza della loro mole, si snodano per circa settecento metri in una passeggiata intensa di emozioni e di mistero che passando per Porta Carmine conduce fino a Porta Spada. La prima edificazione della cinta muraria è attribuita a Dedalo(si, proprio quello del labirinto del Minotauro) che per sfuggire alla collera del re di Creta, Minosse, aveva trovato rifugio in Sicilia, ospite del re sicano Còcalo. Quando Minosse, saputo della presenza di Dedalo in Sicilia, giunse presso la corte di Còcalo per chiederne la consegna, il re sicano fingendo di aderire alla richiesta del sovrano cretese, con un ingannevole stratagemma ne provocò la morte in un bagno caldo. Così Minosse fu sepolto sulla vetta del Monte Erice e sulla sua tomba gli stessi cretesi innalzarono un tempio dedicato ad Afrodite. …Lungo il percorso della fortificazione con le sue poderose cortine difensive di collegamento delle sedici torri tuttora esistenti(in origine se ne contavano venticinque), di tanto in tanto si evidenzia la presenza di alcune “pusterle”, ovvero piccole aperture seminascoste nella cordonata, concepita per le improvvise sortite durante gli assedi o per il passaggio di eventuali rifornimenti. Oltre che delle tre grandi porte che tutt’oggi consentono l’accesso alla città, identificabili in Porta Trapani, Porta Carmine e Porta Spada, documentazioni storiche ci fanno pervenire notizie circa l’esistenza di una quarta porta di più contenute dimensioni, chiamata Porta Castellammare perché orientata a nord-est, in direzione dell’omonimo golfo. Di essa rimane la presenza di un piedritto calcareo tuttora eretto, contornato di ruderi individuabili lungo lo scosceso versante nord della montagna che si inoltra dopo Porta Spada. …Finalmente ricco di fremiti nuovi legati alla percezione di quelle radici indissolubili che tutt’oggi conferiscono continuità di significati alla nostra esistenza, mi trovai al cospetto di un panorama aperto a dismisura al centro del quale la piramidale architettura naturale di Monte Cofano campeggiava trionfante. E subito oltre, Capo San Vito faceva capolino col suo promontorio, prima ancora che lo sguardo perdesse i suoi orizzonti focali… …I chiostri, le case, i cortili, le chiese, i muri ricurvi, i tetti a spiovente, gli archi e i contrafforti, i terrapieni e i dislivelli, le gradinate e i balconi, tutto in Erice sembra essere avvolto in un enigma di impenetrabilità, come se la misteriosa maschera della storia mostrasse, attraverso l’imperturbabile inaccessibilità del silenzio, la sua pantomima. …Qui il culto dell’amore e della sua divinità immanente già protettrice sin dalla preistoria di questi luoghi ove il mito di Astarte trova indissolubile dimora, ci consegna le gigantesche murate dell’imponente castello elegantemente coronato da merlature a coda di rondine. Costruito sull’orlo di un dirupo a picco nella roccia, esso si innalza pesantemente verso il cielo con grinta corrucciata di predatore rupestre. …Il castello si erge al di sopra di un punto di osservazione sospeso su un orizzonte impareggiabile. Esso ospitò autorità romane, arabe e normanne. Questi ultimi ne potenziarono e rinnovarono il sistema difensivo realizzando quelle opere maestose tuttora in buono stato di conservazione dette “Torri del Balio” che con le loro poderose cortine merlate rappresentano un vero corpo avanzato a difesa della fortezza principale. …E intanto, mentre cercavo di carpire gli inusitati messaggi di quei giganteschi silenti eloquenti, i Giardini del Balio, gli interni del cui castello furono residenza del Governatore normanno detto appunto Bajulo, offrivano alla vista squarci d’infinito dipanati a perdita d’occhio, come un travaso, dentro gli abissi del cielo. …Qui ad Erice il tempo è una percezione astratta che gira e si intesse coi trasporti dell’anima… …Chi c’è già stato capirà. Foto delle torri di Erice