Curiosità tra le antiche vie
Trapani all`apparenza è una città dormiente, per come la conosciamo. Ci fu un tempo in cui (XIV e XV sec.) fu il baluardo politico, economico e culturale più importante della Sicilia occidentale, per la collocazione geografica, per i porti (ne aveva ben 2, l’uno a ridosso dell’altro per proteggere l’attracco delle navi dai venti), per il raffinato artigianato artistico di coralli, argenti ed ori, per il commercio del pregiatissimo sale. Per cui Genova, Pisa, Lucca ed altre città marinare vi posero il loro consolato e la arricchirono di monumenti. Insieme ai gruppi archeologici “Drepanon” e “ Xaipe”, con una guida d’eccezione, lo storico prof. Salvatore Corso, abbiamo percorso le tortuose vie della città antica, un quadrilatero,una volta, cinto di mura con numerose porte d’accesso, ma solo 4 sormontate da torri di avvistamento: torre dell’Orologio, torre Vecchia, torre Pali e torre del Castello di Terra (la quinta era la Colombaia, castello di mare, sita all’esterno della vecchia pianta urbana), alla scoperta di quei tesori che anche noi trapanesi abbiamo dimenticato, perché ingrigiti dal tempo e dall’incuria. Abbiamo percorso un lasso di tempo dal 1200 al 1600 circa, entrando nelle vie degli arabi, normanni, ebrei e spagnoli. Siamo stati catapultati nel medioevo trapanese, a piazzetta Notai davanti Porta Oscura (detta così perché abbassata per costruire la torre dell’Orologio, con una conseguenziale diminuzione dell’intensità della luce). La Porta era uno dei principali varchi per la Città; e il nostro storico ci ha fatto notare il dislivello del pavimento della Porta e ci ha spiegato che dove adesso insiste la via Torrearsa, c’era il mare ed i suoi scogli, per cui le barche attraccavano lì davanti. Sugli scogli esistevano i cosiddetti giardini delle delizie (case di villeggiatura delle ricche famiglie), un deposito di armi (al posto della Chiesa del Collegio), la dogana (al posto della Chiesa di S. Rocco) e la chiesetta dei frati minori arrivati in Città due anni prima che morisse S.Francesco. Nel 1286, Giacomo II d’Aragona re di Sicilia, per l’aumento demografico e, di conseguenza, per problemi igienici, fu costretto ad ingrandire la città. Dalla Porta Oscura partirono arterie di forma diversa dalle strade del vecchio quadrilatero, infatti alle vie strette e articolate si sostituirono strade dritte, come la vecchia Via Cortina, Corso Vittorio Emanuele e Via Libertà, tutte in direzione di piazza Generale Scio. Fu costruita la via Torrearsa (tra la marina e le mura di tramontana), su cui insistevano la Porta Oscura e la Porta Vecchia, che così diventarono porte interne. Entrando da Porta Oscura si va alla piazzetta Notai, che ha preso nome dall’attività che vi si svolgeva: gli atti notarili stilati all’aperto (negozi giuridici redatti da ebrei), al limite del mare ed alle spalle del Palazzo Senatorio (sede municipale dal 1440) in cui si andavano a registrare velocemente. Da qui confluiscono 5 vie: Carosio, Cuba, Balì (sta per Balius-reggente) Cavarretta, Argentieri e Vicolo del Palazzo Senatorio. Dalla via Carosio si raggiunge a tramontana “u Coppu ’n mezzu l’Arti”. Alzando gli occhi all’angolo tra via Carosio e via delle Arti, dove si trova la storica pasticceria Colicchia, si nota un vistoso cornicione: quel caseggiato è proprio la Torre Vecchia, l’altro angolo del quadrilatero murato che delimitava la Città. Attraversando l’arco della Porta Vecchia e scendendo per la via Torrearsa , dopo Palazzo Senatorio, si arriva alla irregolare Piazzetta Saturno. Una fontana monumentale con delfini e conchiglie, soprastata dalla statua di Saturno nudo ed appoggiata ad un muro istoriato, cattura lo sguardo. Si può notare il mancato allineamento del muro con la chiesa di sant’Agostino. Al nostro sguardo interrogativo Salvatore Corso rivela che quel muro fa parte delle mura del quadrilatero della Città e nasconde dentro sé i resti della Porta e della Torre Meridionale, detta così, perché l’ingresso era a mezzogiorno. La famiglia dei Chiaramonte, costruì un acquedotto che portò l’acqua a Trapani dalla contrada ericina di Chiaramusta fino alla fontana di Saturno, posta a ricordo nel 1342. Attraversando Piazza Scarlatti, si arriva in via Biscottai, ex via Rodio (in ricordo di Annibale Rodio trapanese patriota punico, che nel 250 a.C. quando i Romani assediarono Lilibeo, per togliere ai Cartaginesi l`approdo più vicino alla loro Madrepatria,fece diverse incursioni con la sua nave quadriremi al porto di Lilibeo, passando velocemente davanti alla flotta romana attonita, allo scopo di rincuorare gli animi degli assediati e per portare notizie sull`andamento dell`assedio ai Cartaginesi di Trapani, fino a quando non fu catturato- Polibio Storie). Qui ci troviamo di fronte la Biblioteca Fardelliana, ricca di manoscritti, codici miniati, scritti provenienti dagli ordini religiosi soppressi dopo il 1867, compresa un’opera di S.Agostino stampata a Colonia nel 1467. Ex Chiesa di San Giacomo, costruita dai Cavalieri dell’omonimo Ordine, risale al tempo delle Crociate, quando Trapani accolse gli ordini mendicanti e la Chiesa fu punto di partenza dell’ottava Crociata verso la Terra Santa. Sulla destra del pronao a due archi, munito di cancellata in ferro battuto, è possibile ammirare una grossa conchiglia, simbolo di S.Giacomo e del pellegrinaggio(il pellegrino portava con sé una conchiglia per attingere l’acqua dalle fonti che incontrava lungo la via). All’interno, nella sala di lettura, due colonne in marmo di età romanica, incise dagli arabi con caratteri cufici, invocano Allah. Dalla via Biscottai passiamo alla via S.Pietro ed arriviamo all’angolo con la via della Luce. La nostra guida ci racconta che gli edifici di adesso occupano il posto di una Chiesa da cui la strada prende il nome: Santa Maria della Luce, distrutta dalla guerra. Ma prima ancora c’era la chiesa più antica di Trapani, dedicata al primo santo della Città: S.Giuliano, martire a Cartagine nel 259. I marinai trapanesi ci mettevano soltanto un giorno ed una notte di vela, col vento favorevole, ad arrivare a Cartagine. Le due città furono sempre unite nel commercio e nella cultura (una era stata madrepatria dell’altra). Quando Cartagine divenne polo della cristianità in Africa, col vescovo Cipriano, i marinai ne importarono la religione. La nostra religione cristiana viene dall’Africa, ne sono testimonianza le numerose leggende locali (Trapani per la statua e Custonaci per il quadro), che dicono che la Madonna venne dal mare. Come pure S.Liberale(Libiranti),vescovo e martire, anche questo santo ci giunge da Cartagine. Quando arrivarono i Normanni, trovarono il culto di S.Giuliano, che aveva resistito alla dominazione araba nel rione antico del Casalicchio. Lo estesero, allora, a tutto il territorio, compreso Erice. La montagna si chiamò S.Giuliano e sulla vetta fu costruita una chiesetta in suo onore. Oggi a Trapani esiste ancora una chiesetta dedicata al santo, si trova tra i ruderi dell’omonima Tonnara sulla litoranea. Una statua del santo, proveniente dall’antica chiesa del Casalicchio si trova, invece, nell’atrio del Palazzo Vescovile ed il Portale istoriato della Chiesa entro le mura è conservato al Museo Pepoli. E proprio nel rione Casalicchio troviamo la via Torre Pali. Alla fine della via, è possibile intravedere la sagoma dell`omonima Torre inglobata dagli edifici. Prendeva questo nome dalla pratica dei pescatori di conficcare dei pali sul fondo fangoso per poter legare la barca. Accanto si apriva Porta Addri (vongole) - parola dialettale che significa mollusco e precisamente addri erano i molluschi con la cresta rossiccia, diverse da quelli verdognoli che chiamavano arcelli, che abbondavano in quei fondali melmosi-. Successivamente la Porta prese impropriamente il nome di Porta Galli. Da lì sul lato sinistro arriviamo al Bastione dell’Impossibile, così denominato, perché era impossibile erigerlo per le fondamenta melmose. Il Bastione fu costruito dagli Spagnoli nel 1500. Oggi vi si può accedere con un ascensore e da lì si gode un bellissimo panorama sul porto. Salendo per la via XXX Gennaio ci introduciamo in via Giudecca, nel quartiere ebraico. Ci fu un tempo in cui Trapani era abitata in maggioranza da arabi ed ebrei, ma anche bizantini e latini. Tutte queste popolazioni vivevano in pace e prosperavano in piena tolleranza. Testimonianza della floridezza ebraica ne è il Palazzo Ciambra(dal nome della famiglia spagnola che ne prese possesso dopo la cacciata degli ebrei), costruito dalla famiglia di banchieri Sala alla fine del 1300, con una Torre e degli Archi. Oggi lo stile architettonico è di derivazione plateresca spagnolo-catalana, con i tufi a bugnato a punta di diamante sulla facciata della torre ed intorno agli archi ed alle finestre. Risulta esserci stata una scuola del Talmud nel 1485. Attraverso un giardino interno si immetteva nella via Catito (frantoio di olive), in cui insisteva una Sinagoga chiamata col termine arabo Moschita, di cui si può vedere tuttora un muro perimetrale circolare. Gli ebrei di Trapani appartenevano al gruppo dei rabbaniti, per i privilegi acquisiti presso il re (Servi Regiae Camerae), erano collegati alla Geniza del Cairo e si regolavano secundum morem judeorum. Attraverso via degli Ebrei ci immettiamo nella via Calvano. Alle pareti di molti usci a piano terra, negli stipiti, ci sono dei buchi ed alcuni hanno ancora dei chiodi arrugginiti: lì veniva allocato un astuccio di legno o di metallo contenente una minuscola pergamena arrotolata contenente le parole della Bibbia: Shemà Israel Adonai Eloenu (Ascolta Israel il Signore è nostro Dio…). Brano che l’ebreo toccava ogni volta che entrava ed usciva da casa, proprio come fanno i cristiani che toccano e baciano le statuette raffiguranti i Santi o che si segnano con l’acquasantiera. Salendo per la via Mercè arriviamo in via Badia Grande angolo via delle Orfane, qui scopriamo una chicca: la Cappella delle Repentite, costruita dal frate trapanese Michele Burgio nella metà del 1500, per ospitare ex prostitute o ragazze madri, cacciate dalle famiglie. Oggi è un bene privato, adibito a Bed & Breakfast. Vi accediamo dal giardino del piccolo chiostro, in cui si trova una vasca con al centro una statua raffigurante la ninfa Talia; intorno sono sparsi fregi architettonici e su una bacheca, la leggenda della Ninfa e del Leone. Proseguendo nel giardino, quasi nascosto dalle piante, ci troviamo di fronte al maestoso Portale della Cappella, ne ammiriamo la bellezza architettonica. Lo attraversiamo e la Cappella ci appare in tutto il suo splendore: il tetto circolare è allo stesso tempo un ottagono ed un quadrato, su cui si aprono quattro bellissime finestrelle con modanature, conchiglie e fregi architettonici. Salendo per via delle Orfane incontriamo la Chiesa di San Domenico con annesso il convento e chiostro. I domenicani ospitavano i confratelli che andavano e tornavano dalla Terra Santa. Ebbe diverse rendite e fu denominata “Cappella Reale”, perché vi si tennero tutte le celebrazioni reali. Conserva la tomba dell’infante Manfredi, figlio di Federico III d’Aragona, re di Sicilia dal 1296. Il bimbo cadde da cavallo nella pianura fuori la Porta di Levante. Per quella occasione fu costruita dai domenicani la “Cappella dei Crociati” con affreschi trecenteschi, in cui furono seppelliti altri membri reali. Cappella poi dimenticata e ritrovata fortunatamente per la caduta di un soffitto. Proseguendo per la via Carreca, si arriva alla Chiesa di S. Nicola, costruita dai padri basiliani intorno al 540/45, sui resti di un precedente tempio pagano, quando la popolazione greco-bizantina crebbe. Fu la prima cattedrale di Trapani a rito ortodosso e fino al 1400 le donne facevano il pane e lo portavano in chiesa per officiare la messa, come fanno anche adesso gli ortodossi. Alla fine il pane rimanente veniva distribuito ai poveri. Oggi l’edificio si presenta a tre navate e a croce latina con cappelle laterali e copertura a botte lunettata. Vi si trova un San Nicola di Giacomo Tartaglia(1678-1751) ed un gruppo scultoreo in legno raffigurante Gesù in croce di Andrea Tipa(1725-1766): un Cristo miracoloso nella credenza popolare. Scendendo verso la via Garibaldi si trova il Convento dei monaci di S.Basilio con la Chiesa di Santa Sofia, , oggi, della Badia Nuova. Era stata costruita fuori dalle Mura dai bizantini nel 535 e conservava il rito ortodosso. A Trapani, in quel tempo, si parlava il greco, mentre Erice era rimasta latina. Da qui l’appellativo ai trapanesi di “grecaglia” da parte degli ericini: ingiurie che ritraggono due posizioni contrastanti che erano soprattutto religiose, molto prima dello scisma d’Oriente (1054). Quando andarono via i bizantini, i pisani ne fecero il loro consolato. Al tempo delle crociate, che partivano da Trapani, si chiamò Santa Maria del Soccorso dove venivano portati i feriti cristiani che giungevano dall’Oriente. Oggi la Chiesa si presenta con il suo ambiente di forma rettangolare e volta a botte, è ricca di marmi policromi e pavimento ad intarsio. Vi è raffigurata la Madonna del Rosario, tela di Guglielmo Borremans(1672-1744), con ornati marmorei di G.B.Amico(1684-1754). Il chiostro dell’antico monastero basiliano è inglobato nell’odierno Palazzo Intendenza di Finanza. Dopo questa lunghissima passeggiata salutiamo e ringraziamo il venerando prof. Salvatore Corso che, con il suo scibile ed i suoi aneddoti, ci ha reso un po’ più coscienti sul passato della nostra Città.