Affresco di Domenico La Bruna - Cattedrale di Trapani.
L’altare di sinistra del transetto della cattedrale di Trapani San Lorenzo Martire è dedicato a Santo Stefano protomartire ed ospita l’affresco di Domenico La Bruna, raffigurante il martirio (sec. XVIII) dello stesso Santo: quello di destra è dedicato invece a San Lorenzo e vi è collocato il dipinto che rappresenta il suo martirio (sec. XVIII), di autore ignoto, già attribuito a Giuseppe Felice. L'accostamento tra Stefano e Lorenzo è tradizionale poiché i due Santi, entrambi diaconi, ebbero vite parallele, furono martiri, rispettivamente della Chiesa di Gerusalemme e di Roma, e vennero sepolti assieme a Roma nella basilica di San Lorenzo fuori le mura. «In particolare insieme a Santo Stefano… Lorenzo è per antonomasia il modello perfetto di diacono, il servizio alla Chiesa vista come popolo in cammino, che nel suo sguardo riconosce Cristo presente in particolare nei poveri e nei sofferenti».
I due dipinti illustrano la generosa testimonianza di fede, culminata nel martirio dei due Santi rappresentati in parallelo, secondo la legge retorica delle corrispondenze: Santo Stefano, primo martire, San Lorenzo, uno dei più venerati martiri di Roma.
Domenico La Bruna interpreta la drammatica Lapidazione di Santo Stefano schiarendo i colori e ispirandosi, probabilmente, alla stessa scena rappresentata da Giulio Romano (1521): ha comunque ben presenti le incisioni di Cornelius Cort dalle quali ricalca la figura del Santo, ed in particolare la stampa (1580) che riproduce il Santo Stefano di Palma il Giovane. La Bruna usa pennellate intrise di luce e toni chiari di colore che vanno dal rosa antico, come nella dalmatica del Santo, al giallo dorato con riflessi rosa negli incarnati degli aguzzini. Il martirio è rappresentato secondo la tradizionale iconografia e la scena è divisa in due parti: Stefano si trova in basso, al centro della animata composizione, con la dalmatica e la stola, suoi elementi di riconoscimento indicanti la nomina di primo dei sette diaconi eletti dalla comunità cristiana di Gerusalemme. Lo circondano i lapidatori dai visi sgraziati, uno dei quali, visto di spalle, è nell’atto di lanciare con violenza grosse pietre. La scenografia architettonica che fa da sfondo allude al luogo dove avvenne l’esecuzione, fuori le mura di Gerusalemme, vicino la porta di Damasco che si vede nella parte destra del dipinto. In primo piano, a sinistra, c’è Saul, il futuro Paolo che assiste al drammatico episodio avvenuto prima della sua conversione e custodisce le vesti dei lapidatori, un elmo ed uno scudo. In alto, tra le nuvole, assistono al martirio Dio Padre con la mano sinistra appoggiata sul globo sormontato dalla croce, simbolo di Cristo Salvator Mundi, e, alla sua destra, Gesù che tiene la croce mentre la colomba dello Spirito Santo li sovrasta: alludono alla visione della «gloria» di Dio Padre e Gesù in cielo, che Stefano ebbe poco prima di essere lapidato e ucciso, ed in seguito alla quale pronunziò queste ultime parole: Domine Iesu suscipe spiritum meum (Signore Gesù accogli il mio spirito). Completa la scena un angelo che scendendo dal cielo porge al Santo la corona, divenuta un simbolo suo e del martirio.
Lina Novara