SAN SEBASTIANO IN "PIETRA INCARNATA"

SAN SEBASTIANO IN

SAN SEBASTIANO IN "PIETRA INCARNATA"

Oggi, 20 gennaio, San Sebastiano.

Nella giornata dedicata a San Sebastiano vogliamo presentare una statua in “pietra incarnata” che lo raffigura, conservata presso il Museo Pepoli di Trapani. Attribuita in passato al trapanese  Andrea Tipa (1725-1766), da studi più recenti viene riferita a maestranze trapanesi della prima metà del secolo XVIII, sensibili alla coeva scultura barocca palermitana, come si evidenzia dal mosso impianto della figura con il braccio destro elevato in alto e dalla gamba sinistra piegata in avanti. 

La cosiddetta “pietra incarnata”, utilizzata dagli scultori trapanesi nei secoli XVII e XVIII, è  un particolare tipo di alabastro calcareo di color beige rosato, caratterizzato da varie striature che vanno dal grigio al nero, al rosso bruno. Si tratta di una pietra dolce, malleabile, facilmente trattabile con il bulino, che in passato veniva estratta in una località distante circa nove miglia da Trapani, chiamata “Pietra incarnata” dalla denominazione della stessa, localizzabile nell’odierno comune di Valderice, nei pressi della contrada Casalbianco.  Dell’esistenza di essa danno notizia Antonio Cordici (1586-1666) e Vito Carvini (1644-1701) nei loro manoscritti sul monte Erice, sottolineando che in località Casalbianco esisteva “una perriera di marmo incarnato… tenuto per cosa rarissima… per 1'innanzi non più visto – scrive Cordici – né mai conosciuto nelle cave di Sicilia”. Si estraeva da una cava ubicata in un terreno privato che il proprietario sorvegliava scrupolosamente dall’alto di una torre, appositamente costruita e dalla gente del luogo soprannominata del gran villano.

Quando venne scoperta verso la metà del ‘500, gli scultori per la straordinaria cromia la sostituirono al “diaspro sanguigno” una pietra opaca, cosparsa di macchie rosse, per realizzare “statuette di corpo ignudo ed eccellentissimi Crocefissi, poiché i1 vario colore dal florido e vivace dell'umana carne punto non si distingue, e pare che la sola voce animata ci manchi”.

È risaputo che nei secoli XVII e XVIII “esse Drepani viros celebres qui pingendi, sculpindique artes exercent”, in particolare scultori che tenevano bottega nella via degli Scultori, odierna via Torrearsa, e realizzavano con abilità tecnica e notevole maestria grandi quantità di piccole statuine a carattere sacro, in marmo e alabastro, ma anche in corallo, avorio, tela e colla, vanto della città di Trapani che ebbe l’onore di essere denominata la Firenze della Sicilia. 

Forti dell’esperienza acquisita nella lavorazione del marmo e dell’alabastro, “i nostri artefici, abilissimi a mettere in opera il novello alabastrino, abbracciarono l’impegno di disporre col loro studio quelle lividure così al naturale che colpendo l’immaginazione venissero a rappresentare le languide membra del Nazareno, o flagellato o in croce o in altri periodi della sua passione”.

Eccellenti scultori, come li definiva l’architetto Gian Biagio Amico, furono abili nel ricavare dalla “pietra incarnata” opere cariche di realismo e di pathos, sfruttando la cromia e le venature per rendere “al naturale” le martoriate membra di Cristo, durante e dopo la flagellazione, sulla croce, o dopo essere stato deposto, ma anche di San Sebastiano mentre, legato ad un palo, veniva colpito dalle frecce, le cui ferite, nella tradizione popolare, erano paragonate a quelle di Cristo, o di San Giovanni Battista.

La particolarità della “pietra incarnata”, le cui striature venivano sfruttate per evidenziare le vene, i lividi e le tumefazioni del corpo, faceva assumere a queste figure toni altamente drammatici, infondendo alle sculture un tale patetismo da suscitare nei fedeli pietas e sentimenti devozionali, consoni allo spirito controriformista. 

San Sebastiano (256- 288), alto ufficiale romano, membro delle guardie a servizio dell’imperatore Diocleziano,  subì il martirio per aver sostenuto e diffuso il Cristianesimo tra i funzionari e i militari di corte, approfittando della carica imperiale;  confortò inoltre i cristiani incarcerati e si occupò della sepoltura dei martiri. Denunziato come cristiano fu condannato al supplizio delle frecce per avere tradito la fiducia dell’imperatore.

Lina Novara