La flagellazione e La coronazione di spine.
Iniziano con La flagellazione le fasi del supplizio subito da Gesù nella mattina del venerdì, nel pretorio di Gerusalemme: legato ad una colonna viene flagellato. L’episodio, raccontato nei Vangeli di Giovanni, Matteo e Marco, da quest’ultimo è così riferito (XV, 12-15): “Pilato volendo contentare il popolo, liberò Barabba; e dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocefisso”.
L’opera processionale, affidata fin dal 3 maggio 1620 ai muratori cui si associarono un anno dopo i marmorari, ripropone l’iconografia del “Cristo alla colonna”, soggetto molto frequente nella Storia dell’Arte, sia nei cicli della passione, sia come figura isolata destinata a suscitare nello spettatore un forte impatto emotivo.
Largamente diffuso attraverso stampe devozionali ed incisioni, è stato il tema di famose opere scultoree e pittoriche tra cui vanno ricordate le celebri versioni del Caravaggio.
Un “Cristo legato alla colonna” in legno fu eseguito da Nicolò De Renda nel 1606 con la sola figura di Cristo, al quale, in epoca imprecisata, furono affiancate le due sculture dei flagellanti.
Nel gruppo attuale, frutto di un rinnovamento avvenuto nel 1775 ad opera di Pietro Luparello, la figura di Cristo fu restaurata nel 1890 da Pietro Croce in seguito ad una rovinosa caduta dei portatori all'ingresso della chiesa di San Nicola: sebbene un po’ appesantita nelle forme, risulta fortemente patetica per la resa realistica di taluni particolari quali le ferite e il colore rosso del sangue che ne fuoriesce.
La drammatica scena è rappresentata attraverso una composizione simmetrica che pone il protagonista al centro, in posizione avanzata rispetto agli altri due personaggi che lo flagellano alle spalle e che, con fare manierato, ripetono l’identico gesto del braccio destro sollevato per colpirlo.
L’attenzione dell’osservatore viene attratta dal corpo nudo di Cristo, in primo piano, che legato ad una colonna si piega sotto i colpi delle percorse e per il dolore delle ferite.
Il giudeo che sta alla sinistra di Cristo è rappresentato nell’atto di chi, per raccogliere maggiore forza, fa ruotare il torace e spinge in alto le braccia prima di colpire; è un gesto violento ma che perde efficacia per il volto e lo sguardo del personaggio rivolti altrove, forse per non vedere lo strazio di Gesù.
L’elemento iconografico che contraddistingue questo episodio è la colonna che, intera o spezzata, come nel gruppo nel quale è rivestita d’argento, è sempre presente nell’episodio della flagellazione, sia in pittura che in scultura: in particolare si ricorda, in ambito locale, il “Cristo alla colonna” in “pietra incarnata” del 1656, di ignoto scultore, ora nella cappella del SS. Sacramento della Cattedrale di Trapani.
La coronazione di spine
La scena rappresentata nel decimo gruppo processionale si riferisce ad un episodio della passione di Gesù narrato nei Vangeli di Matteo (27:29), Marco (15:17) e Giovanni (19:2) ed in particolare rappresenta quanto riportato da Matteo: i soldati di Pilato, spogliato Gesù, “gli misero addosso un manto rosso; e, intrecciata una corona di spine, gliela misero in capo, e gli posero una canna nella destra. E piegando il ginocchio davanti a lui, lo schernivano dicendo: Salute, o re dei Giudei…”
Nel gruppo sono rappresentati: Gesù seduto su una panca, un soldato che gli pone sul capo la corona di spine, un centurione che dà ordini e sorveglia quanto sta accadendo, un giudeo che, inginocchiato davanti a lui, lo deride con gesti ingiuriosi della mano e della lingua.
Il gruppo originario, affidato l’8 marzo 1632 a fornai e mugnai, nel 1764 fu sostituito dall’attuale “poiché il vecchio era in stato da non potersi rimediare e ristorare”, come si legge in un documento dello stesso anno.
I consoli della categoria, dopo avere esaminato ed apprezzato il modello in creta presentato da Antonio Nolfo, diedero incarico al “perito scultore” di eseguire il gruppo con la tecnica del legno tela e colla, specificando però di variare la posizione dello “ingiuriante”, e di realizzarla uguale a quella del vecchio “Mistero”.
Il gruppo attuale è stato ricomposto dopo gli eventi bellici dell’ultimo conflitto mondiale da Giuseppe Cafiero che ha riutilizzato i pezzi del precedente, rispettando la composizione e l’iconografia dei personaggi.
La scena è configurata secondo i modelli della pittura realistica seicentesca di derivazione caravaggesca e le figure risultano variamente atteggiate, ognuna intenta ad assolvere il proprio ruolo. L’artista seppe mettere in evidenza in questa scena, sacra e profana insieme, l’aspetto tragico della coronazione di spine e quello triviale di una beffarda adorazione, marcando i sentimenti sui volti dei personaggi: dolore e rassegnazione in Gesù, indifferenza e crudele ironia nel volto arcigno e affilato del tribuno e in quello del soldato, derisione nell’“ingiurante”, dal caratteristico copricapo a turbante.
L’elemento iconografico che contraddistingue questo gruppo è la corona di spine, formata da un intreccio di fili d’argento ed eseguita dal trapanese Michele Tombarello nella metà del secolo XVIII. Più recenti ornamenti d’argento abbelliscono le statue durante la processione, come la simbolica canna data a Gesù per schernire il suo potere, a forma di ramoscello di ulivo, e i vistosi pennacchi sulle teste dei militari.
Nel 1770 il gruppo è stato preso a modello da Domenico Nolfo, per “La coronazione di spine” dei “Misteri” di Erice.
Lina Novara
Foto di Nicolò Miceli
Testi tratti da: L. Novara, «Settimana Santa a Trapani. I riti e i “Misteri”», Associazione Eventiamo, Trapani 2022.
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