L'Ascesa al Calvario e La spoliazione.
L’ascesa al Calvario
Il venerdì, verso mezzogiorno, Gesù portando la sua croce, s’avvio al luogo del Calvario, in ebraico Golgata (Giovanni XIX,17), attraverso un sentiero in salita. I soldati nell’uscire incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la croce di Gesù (Matteo XXVII, 32).
Il gruppo L’ascesa al Calvario, popolarmente definito “U’ Signori ca cruci ‘ncoddu”, fu affidato il 6 aprile 1612 dalla Società del Sangue Preziosissimo di Cristo ai “poveri iurnateri”, cioè coloro che lavoravano a giornata; nel 1620 passò ai bottai che lo tennero fino al 1772, anno in cui subentrarono i fruttivendoli; oggi è l’intero popolo a curarlo e portarlo in processione.
L’originario gruppo viene riferito allo scultore Nicolò de Renda (prima metà sec. XVII) che compose la scena con le sole tre figure di Gesù, della Veronica e di Simone di Cirene, alle quali, probabilmente in seguito all’avvicendamento di varie categorie, furono aggiunte le altre due.
Se si esclude la toccante figura di Gesù dall’espressione mite e sofferta, creata da Antonio Giuffrida nel 1903 in sostituzione della precedente di Pietro Croce (seconda metà del secolo XIX), il personaggio che merita più attenzione è la Veronica, umanissima nel viso, curata nell’abbigliamento e nella capigliatura, anche se sottoposta a notevoli rimaneggiamenti.
È questo il “Mistero” più venerato dai Trapanesi ed uno dei più grandi; nell’opera, espressione dell’arte devozionale-barocca, sebbene vari rifacimenti l’abbiano resa stilisticamente disomogenea, si possono ravvisare accenti drammatici e realistici, confacenti alla “poetica” dei secoli XVII e XVIII.
Attorno alla figura di Gesù stramazzato a terra, che simboleggia l’Agnus Dei, la vittima sacrificale, sono posti gli altri personaggi: il centurione romano che gli sta davanti e lo tiene in catene, lo sgherro che sferza frustate e lo incalza; Simone Cireneo che, nel sostenere la parte bassa della croce per dargli sollievo, si pone sulla diagonale che attraversa tutto il gruppo, da sinistra a destra; Veronica la pia donna che inginocchiata porge il panno per asciugare il sudore, le lacrime e il sangue dal volto di Gesù che vi rimarrà impresso.
I tre personaggi maschili hanno volti popolari e, in nome di una verità realistica, compare sul viso del centurione un lungo porro.
Pregevolissime espressioni dell’arte argentaria trapanese sono la croce realizzata nel 1751 da Ottavio Martinez e decorata con i simbolici motivi delle spighe e dei grappoli d’uva, e l’armatura del centurione, eseguita intorno al 1766 da Michele Tombarello.
La spoliazione
L’episodio, non espressamente raccontato nei Vangeli, allude alla spoliazione cui fu sottoposto Gesù prima della crocefissione, dopo che finito di beffeggiarlo … lo rivestirono delle sue vesti, quindi lo portarono per crocifiggerlo (Matteo XXVII, 31).
Il denudamento di Cristo fa parte dei preparativi per la crocefissione avvenuta nel luogo delle esecuzioni, sul monte Calvario, appena fuori le mura di Gerusalemme.
Nel gruppo processionale Gesù veste soltanto la tunica di colore blu, senza il mantello rosso che gli era stato posto sopra le spalle. La scena è composta da quattro personaggi: Gesù in piedi, due militari ed un giudeo che, nel momento in cui sta per strappare la tunica di dosso a Gesù, perde le sue vesti che scivolano giù lasciandogli il corpo seminudo.
Il gruppo venne realizzato da Domenico Nolfo (1730-1803), noto scultore trapanese specializzato nella tecnica del legno tela e colla, al quale lo commissionarono nel 1772 i venditori di fiori e frutta che ebbero affidato il “Mistero” proprio in quell’anno. Intorno al 1788 il gruppo passo ai bottai; dal 1966 è curato dalla categoria “Tessili e Abbigliamento”.
Il viso di Cristo ha espressione mite e sofferta e corrisponde al modello iconografico definito nella bottega dei Nolfo: volto piccolo, barba sottile e bipartita sul mento, palpebre socchiuse, bocca piccola da cui traspare la dentatura, baffi lunghi e sottili, capigliatura fluente con ciocche che ricadono sulle spalle. Lo scultore si sofferma a descrivere l’anatomia di quella porzione del torace di Cristo, messo in mostra dagli strappi delle vesti.
Secondo una tradizione popolare, nel raffigurare il giudeo che toglie i vestiti a Gesù lo scultore si servì per modello dell'aiutante-boia di Trapani, denominato “Setticarini”, come a voler sottolineare la crudeltà di quel mestiere paragonandola a quella di chi spogliò Gesù; particolare attenzione pone anche nella caratterizzazione del suo volto, marcandone i lineamenti plebei e sgraziati, modellando beffardamente i lunghi baffi e il capo calvo che lo rendono quasi simile ad una caricatura.
Anche i due militari hanno volti popolari e, in none di una verità realistica, sul naso del soldato che spoglia Gesù compare un grosso neo; entrambi portano elmi romani a calotta, intagliati nel legno e con volute e decori barocchi.
Il tribuno in primo piano, con il gesto delle mani allude all’attesa di avere la veste che sarà poi giocata ai dadi.
In processione i due militari sfoggiano vistosi pennacchi d’argento, fatti realizzare nel 1902 dai bottai dello stabilimento Catalano; nel 1990 il gruppo è stato arricchito di una croce d’argento, realizzata dall’argentiere palermitano Antonino Amato su disegno di Anna Maria Vario.
Lina Novara
Foto di Nicolò Miceli
Testi tratti da: L. Novara, «Settimana Santa a Trapani. I riti e i “Misteri”», Associazione Eventiamo, Trapani 2022.
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