IL CIBO: COMUNIONE DI POPOLI
-Peppe Giuffrè EDITORE- Elegante e semplice, serio ed un po’ faceto, erudito ed umile, questo è lo stile che Antonino Tobia, colto umanista e storico trapanese, ha scelto per trasmetterci tutto l’amore che prova per la sua terra. Lo senti subito, che di amore si tratta, perché sin dalle prime pagine il lettore ne rimane avvinto, anche se l’approccio verso il libro può essere casuale. Lineare e avvincente scorre il racconto di millenni di storia della Sicilia, intrecciandosi con il mito e l’arte gastronomica, che via via evolve e si arricchisce di nuove ricette man mano che si intersecano le vite e le storie dei popoli che l’hanno abitata. Ci fa sorridere, per le cose in cui ci riconosciamo e ci incuriosisce, invece, per quello che abbiamo “dimenticato”! E così, il lettore si immerge nei versi dell’Odissea che canta della Terra dei Ciclopi e del loro vino di “scarsa fermentazione alcolica”; nel mito di Enea, approdato a Trapani (che vantava 2 porti, uno a mezzogiorno e l’altro a tramontana, per cui le imbarcazioni avevano sempre un posto riparato dove approdare); nel mistero della provenienza degli Elimi (Anatolia?), esperti vinificatori; nei Fenici , primi fortificatori della Città (ne è testimonianza il castello della Colombaia), che impiantarono le saline, portarono nuovi vitigni dalla Grecia e furono i primi organizzatori della pesca del tonno; nei Greci, nei Romani. Popoli affratellati dal culto della Venere Ericina, conosciutissimo da tutte le genti del Mediterraneo. E poi negli Arabi, il “cui processo di islamizzazione produsse una notevole crescita economica e civile”. Essi amarono la Sicilia, tanto da farne un giardino di gelsomini, agrumeti, gelsi, albicocchi, pistacchi; impiantarono la coltivazione della canna da zucchero, del cotone e della seta. “La cucina siciliana , di conseguenza, conobbe un momento di esaltante estro creativo”, basti pensare che ancor oggi i siciliani sono famosi per dei piatti che nacquero allora: la variopinta cassata, i cannoli, le arancine ed infine, nel trapanese, il cuscus coi pesci. Mentre l’Italia era in pieno oscurantismo medievale, la Sicilia conosceva uno splendore che attraversava tutti i campi dello scibile umano: medicina, matematica, architettura. Periodo irripetibile! E poi ancora Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Inglesi, ed ancora Genovesi, Pisani, Piemontesi. Antonino Tobia ha messo tutti a tavola!! Ha dimostrato come attraverso l’arte culinaria, pagani, ebrei, cristiani e musulmani si sono sempre ritrovati daccordo. Il cibo, quale frutto di fatica e creatività dell’uomo, unisce le genti. Un miracolo! Che neppure le religioni riescono a fare! “Un passato ricco di contatti con culture diverse, che si sono confrontate e tradotte in perfette sintesi organolettiche”. Sintesi anche letteraria; “Piatti di ….versi”, come dice il nostro scrittore! Dalle ricette di Archestrato di Gela (IV sec. a.c.), autore di un poemetto in esametri di gastronomia, a quelle del poeta trapanese Tore Mazzeo. Così il lettore “scopre” le origini delle ricette siciliane e noi trapanesi da quanto lontano arrivino “gli sfinci”, la pasta “cu l’agghia”, il cuscus, gli spaghetti alla bottarga....Piatti semplici e antichi, che oggi proponiamo ai turisti, “conquistati” dalla quella cucina, che, grazie al nostro Prof. Tobia, abbiamo scoperto essere per noi, e non a torto, un rito. ANTONINO TOBIA nasce a Trapani. Laureato in Lettere Classiche è stato insegnante nei licei. Autore di diversi articoli, recensioni e saggi, ha pubblicato un saggio letterario su Grazia Deledda ed una raccolta di Temi Letterari su autori italiani dell’Ottocento e Novecento. Attualmente ricopre l’incarico di Presidente della Libera Università “Tito Marrone” di Trapani. Foto tratte dal testo.